Per una distribuzione più equa del carico familiare

Il carico familiare si riferisce all'insieme delle responsabilità e dei compiti necessari per mantenere la casa e prendersi cura della famiglia e dei figli. Il carico familiare di compone di: secondo turno, carico mentale e lavoro emotivo (gli ultimi due insieme costituiscono i cosiddetto lavoro invisibile).

Una “cattiva gestione” del carico familiare può avere costi significativi in termini personali e relazionali. Al contrario, una buona organizzazione familiare influenza positivamente la qualità della relazione di coppia e il benessere familiare.

Nella nostra società, in caso di coppie eterosessuali, il carico familiare ricade in modo sproporzionato sulla madre nella maggior parte dei casi. La “maternità normativa” è ancora una “maternità patriarcale” in cui si afferma che solo la madre è realmente in grado di soddisfare le necessità dei figli e che queste necessità devono venire prima di quelle della madre stessa. Inoltre, è ancora fortemente radicato lo stereotipo di una “maternità istintiva” secondo cui alla madre il lavoro di cura dovrebbe venire natuale e non pesare. Ci si mettono di mezzo numerosi altri fattori culturali e sociali che magari esploreremo più avanti, la domanda che vorrei ci ponessimo ora è questa:

Se vi rendete conto che la ripartizione del carico all’interno della vostra famiglia è sbilanciata, non è sostenibile, sta generando malessere e burnout o non rispecchia il modello che volete creare per i vostri figli e le vostre figlie, da dove potete cominciare per rivedere tale assetto?

Vi propongo un lavoro in tre passaggi.

1. Rendere visibile l’invisibile

Per prima cosa è utile prendere maggiore consapevolezza delle varie voci che compongono il vostro specifico carico familiare rendendo visibile l’invisibile. 

>> Per qualche giorno segnate su un foglio o un quaderno tutto quello che fate per la casa la prole.

Una mia cliente una volta decise di farlo. Madre di tre figlie senza un lavoro fuori casa, si sentiva spesso dire dal marito che lei “non aveva nulla da fare”, e si stava convincendo che fosse così. Diceva: “Ho un sacco di tempo e non riesco a concludere nulla.” Dopo una giornata aveva riempito sei pagine di diario che andavano da “ho tagliato le carote” a “sono andata a consolare figlia due mentre figlia tre urlava perché non trovava la sua matita ed era convinta che gliel’avessi spostata io” fino a “ho comprato il dentifricio per mio marito che ne ha uno diverso dal resto della famiglia”. Riguardando le pagine davanti a lei era incredula e mi ha detto: “Io lo sapevo che ero sempre di corsa e stanca, ma non avevo idea di quante cose facessi ogni giorno.” Averne coscienza è fondamentale e dovete averla entrambi. Scrivete entrambi ciò che fate per la casa e la famiglia nel corso di alcuni giorni. 

2. Osservare e riflettere

Dopo questa prima mappatura del vostro carico domestico occorre riflettere su quanto emerso. Potete rispondere alle seguenti domande e parlarne tra voi:

Cosa noti?
Come ti fa sentire questo?
Cosa pensi della vostra organizzazione alla luce di quello che è emerso?
Cosa pensi del tuo contributo?
Cosa pensi del suo contributo?

Se sei la persona che ha il carico maggiore: cosa ti pesa di più tra tutte le cose di cui ti occupi?
Cosa invece ti pesa meno o fai volentieri?
Se potessi riallocare alcuni compiti, quali vorresti smettere di fare tu?
Perché li stai facendo tu adesso? Ne avete discusso o è semplicemente successo?
Hai già provato a chiedere una maggiore collaborazione?
Come lo hai fatto in passato?
Come ti sentiresti se oggi il tuo partner accettasse di rivedere la distribuzione dei vostri compiti?
Quali benefici trarresti da una distribuzione più equa?
Come pensi che una redistribuzione del carico impatterebbe la vostra famiglia?

Se sei la persona che ha il carico minore, eri consapevole di tutte le cose che vengono fatte ogni giorno?
Come ti fa sentire capire meglio l’esperienza della tua compagna/o?
Immagino che faccia paura, ma pensi che sia giusto rimettere in discussione il modo in cui è spartito il carico tra di voi?
Sei disponibile a farlo?

3. Fare una riassegnazione consapevole

Per procedere con la riassegnazione suggerisco di prendere in considerazione: 

  • Preferenze personali: segnate quali sono le attività che ciascuno fa più volentieri, che sono per voi più importanti, verso cui avete curiosità o interesse e quelle che vi pesano meno

  • Abilità e le competenze: ci sono attività in cui uno dei due è più “esperto” e che può quindi eseguirle in modo più efficiente?

  • Tempo e disponibilità: ci sono attività che si possono svolgere solo in orari in cui uno dei due è disponibile e l’altro no? Ci sono attività che si possono svolgere a qualsiasi orario e che sono più fattibili anche per chi passa più tempo fuori casa?

  • Rilevanza: tra tutte le attività, quali sono quelle per cui è più importante la vostra presenza o il vostro apporto personale? Quali invece si potrebbero delegare? Ci sono nell’elenco attività che fate ma che non sono particolarmente importanti per nessuno dei due? Potreste pensare di ridurle o eliminarle?

A questo punto procedete a riassegnare le varie attività segnando i compiti in capo a ognuno, depennando quelli che avete deciso di eliminare ed evidenziando quelli che pensate di delegare all’esterno. Va bene anche pensare che su alcune cose vi alternerete o le farete a turno, ma più la ripartizione è chiara e semplice, maggiori sono le possibilità di portarla avanti con successo.

Delega completa

Quando elenchiamo compiti quali “accompagnare i bambini a scuola” o “preparare la cena” stiamo accorpando in un’unica voce diversi elementi che contengono componenti di carico mentale, emotivo e pratico. Ogni compito infatti consta di più fasi, che generalmente sono ideazione, pianificazione e realizzazione.

Per sgravare realmente una persona di parte del carico che porta è importante che nel re-distribuire i compiti vegano re-distribuite tutte le fasi del compito. In tante famiglie infatti gli uomini (e so di stare generalizzando, non è SEMPRE così, ma è prevalentemente così) si “difendono” dicendo che loro sono molto disponibili a “dare una mano”: “Dimmi di cosa hai bisogno e lo faccio!”

Ci sono un paio di grossi problemi con questo approccio: 

  1. Non è la donna ad avere bisogno, è la famiglia ad avere bisogno

  2. Se la donna deve dire all’uomo quello che deve fare, di fatto l’uomo si fa carico dell’esecuzione ma dà per scontato che le fasi di ideazione e pianificazione debbano restare in capo a lei. Come abbiamo appena visto pianificare e organizzare sono attività invisibili che portano tantissimo carico mentale: la donna rimane quindi la manager nascosta e oberata e l’uomo l’esecutore finale di un progetto a cui non ha collaborato, per cui si prende i meriti quando tutto va bene e di cui declina le responsabilità se ci sono problemi o errori. 

Questo modo di dividersi le cose è fortemente ingiusto, non risolve il problema del burn out materno e nemmeno quello della conflittualità di coppia. 

Delega completa però vuole anche dire che quando un compito è stato delegato e sono stati definiti degli standard o dei tempi per la sua realizzazione, poi la persona che non è responsabile di quel compito deve lasciare che l’altra lo svolga a modo suo, senza cercare di esercitare un controllo costante. Questo atteggiamento, più tipicamente femminile, è una forma di auto-boicottamento che da una parte non trasmette fiducia al partner e dall’altra impedisce di liberarsi realmente del carico mentale.

Fatta queste necessarie precisazioni, vi auguro buon lavoro.

Magari farete cambiamenti grossi, magari invece minimi, la cosa importante è che ognuno sappia quali sono le proprie responsabilità e senta di aver acconsentito a farsene carico. L’obiettivo non è arrivare a un 50/50, l’obiettivo è arrivare a una ripartizione che faccia sentire ognuno come parte di una squadra e non uno il mulo e uno il padrone. È importante arrivare a pensare che nella coppia ognuno sta facendo la sua parte per quanto riguarda la cura della casa e dei figli. 

L’esperienza di chi ce l’ha fatta

Al 28% di persone che a un sondaggio su instagram mi hanno risposto di essere soddisfatte di come sono ripartiti i compiti di cura e gestione della casa e dei figli all'interno della relazione di coppia mi ha risposto “molto, collaboriamo in modo soddisfacente”, ho domandato come fossero arrivati a questo equilibrio. Ecco le risposte:

  • 5% abbiamo chiesto aiuto

  • 17% abbiamo impostato bene la suddivisione fin dall’inizio

  • 39% per tentativi ed errori

  • 39% attraverso tante conversazioni e ascolto reciproco

Queste risposte evidenziano come nella maggio parte dei casi le persone non sono partite con il piede giusto (probabilmente per assenza di modelli e un’educazione in tal senso), ma poi hanno saputo aggiustare il tiro. Spero quindi che strumenti come questo articolo, la newsletter e tutte le conversazioni pubbliche che avviamo su queste tematiche possano fornirvi un supporto concredo per riuscire a fare la differenza nella vostra famiglia.

Riporto, per completezza di informazione, qualche altra risposta su come si sia riusciti a costruire una suddivisione equa:

“È stato abituato così sin da bambino in casa sua”
“Grazie ad un ottimo corso di accompagnamento alla nascita”
“Esempi di famiglie non patriarcali da entrambe le parti”
”Lavorando intenzionalmente per scardinare gli stereotipi (ieri io ho tagliato l’erba e lui ha lavato il pavimento”

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Che differenza c’è tra scusarsi e riparare?