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Ho pensato di presentare alcuni concetti e spunti legati alla genitorialità consapevole tramite l’uso di vignette, che li rendano immediatamente comprensibili.

Le vignette sono illustrate da Stella Santin, mamma, lavoratrice full time e illustratrice part time.

Come comunicare con i bambini in modo più efficace
(ovvero come farsi ascoltare e ottenere la loro collaborazione)

Sai resistere alla "tentazione" di una bella ramanzina? Spesso i genitori rispondono a una negligenza dei figli con discorsi lunghi e articolati su responsabilità e conseguenze. Lo fanno con le migliori intenzioni: quella di educare, di tramettere un messaggio, di far capire un concetto.
Ma dimenticano che i bambini piccoli non hanno la capacità di riflettere sul proprio comportamento e trarne delle conclusioni. Tra l'altro quando rimproverati, tendono a chiudersi, ritirarsi in se stessi e interrompere l'ascolto.

Con i bambini è molto più efficace utilizzare poche parole, chiare e semplici per creare procedure condivise. Non si tratta di chiedersi come spiegare una cosa, ma come organizzarsi affinché il bambino faccia quello che è bene che faccia. E quando i bambini non rispettano le procedure condivise, sarà sufficiente utilizzare parole semplici e chiare per ricordargliele.

Nella situazione qui sopra, ad esempio, il papà potrebbe dire:

- "Dimentichi qualcosa?" (Seconda illustrazione)
Questo atteggiamento dimostrerebbe la fiducia del genitore nei confronti del figlio e darebbe al bambino la possibilità di fare la cosa giusta anziché mettere in luce il suo errore.

Oppure:

- "Paolo, la giacca."
Utilizzare una sola parola chiave reindirizza correttamente l'attenzione del bambino anziché sommergerlo di concetti che lo distraggono dalla realizzazione di ciò che deve fare.

La frustrazione dei genitori spesso nasce dall'aspettarsi dai figli un tipo di ascolto che non è ancora alla loro portata.

L'assertività è una dote preziosa. È la capacità di dire quello che si pensa o si desidera in modo chiaro e rispettoso. In genere, nelle persone assertive si riscontrano minori livelli di ansia.
La maggior parte dei genitori desidera che i propri figli siano in grado di esprimersi in modo assertivo piuttosto che con timore o aggressività. Ma come per tutto il resto, anche in questo caso l'esempio è fondamentale.

Ogni volta che rispondiamo alle richieste o ai comportamenti dei nostri figli con delle piccole bugie (il parco è chiuso, il negozio ha finito le caramelle, quel signore si arrabbia, poi arriva la polizia...) stiamo perdendo l'occasione per dare loro un esempio di comunicazione assertiva.

Cerca di parlare sempre in modo onesto con i bambini, esprimi con chiarezza (e rispetto!) i tuoi bisogni e le tue decisioni.

Ti invito a riflettere sugli effetti di lungo periodo di alcune frasi che a volte indirizziamo ai bambini in totale buona fede.

Non è certo un singolo scambio che da solo porta a determinate conseguenze, ma una serie di comportamenti ripetuti nel tempo secondo lo stesso schema porta alla creazione di connessioni neurali nel cervello del bambino, che nello stadio evolutivo in cui si trova lavora costantemente per cercare di capire come funziona il mondo. Le connessioni che si formano in questo periodo si fissano in profondità e sono alla base di alcuni automatismi che sviluppiamo da adulti.

Siccome il pianto dei bambini mette a disagio i genitori, questi ultimi spesso sono pronti a mettere in campo qualsiasi “trucco” per far smettere i figli di piangere. Un esempio è utilizzare il cibo come elemento di consolazione, anche perché spesso è molto efficace. Ma che effetto ha questo comportamento nel lungo periodo?

  • Distraendo il bambino dalla sua emozione, non lo abitua ad ascoltarsi e a sviluppare i suoi meccanismi di autoregolazione

  • Insegna al bambino che le sue lacrime sono uno strumento per ottenere tutto quello che vuole

  • Crea l’associazione “mi sento a disagio” > “mi consolo con il cibo”, che nel lungo periodo può portare a un rapporto disfunzionale con l’alimentazione

Continuiamo a riflettere insieme su come alcune frasi e comportamenti che sembrano “funzionare” per convincere i bambini a fare o non fare qualcosa, siano in realtà molto inefficaci nel lungo periodo (se il tuo desiderio è di crescere bambini che diventino adulti sereni, sicuri di sé, a proprio agio con gli altri, curiosi, flessibili e resilienti).

Una delle peggiori minacce che un genitore possa rivolgere a un figlio è quella di lasciarlo solo, privarlo della propria presenza (durante l’infanzia, del proprio sostegno in adolescenza).


Quanto spesso ti è capitato di sentire o dire frasi come “guarda che me ne vado e ti lascio qui da solo!!”? Questo messaggio, se reiterato, rischia di far passare il concetto che l’amore del genitore dipenda dal comportamento del figlio e che a un cattivo comportamento corrisponda un minore diritto a essere amato. Ma sappiamo che un elemento fondamentale per la crescita e lo sviluppo è la certezza di un amore incondizionato da parte delle proprie figure di riferimento.

Che cosa fare allora? Come mettere un limite senza ricorrere a strategie che potremmo quasi definire un “abuso di potere”?

Ecco alcune idee
- evita le minacce
- evita i giudizi
- descrivi quello che vedi
- esprimi quello che senti
- stabilisci come intendi agire
- offri a tuo figlio delle opzioni su cosa può fare

Se ti sei trovato/a a minacciare conseguenze spiacevoli o punizioni (non ti compro la macchinina, non guardi la televisione, non andiamo alla festa) per ottenere la collaborazione o l’accondiscendenza dei tuoi bambini, probabilmente sai che spesso “funziona”, se per funzionare intendiamo portare a i bambini a fare quello che non voglio non fare.

Ci sono però tante considerazioni da aggiungere:
- a lungo andare questo è un meccanismo che si ritorce contro i genitori: i bambini si “abituano” alle minacce e per portarli a fare quello che vogliamo la posta in gioco dovrà essere sempre più alta. In adolescenza si rischia di trovarsi invischiati in terribili lotte di potere
- se desideriamo che i nostri bambini diventino adulti assertivi, sicuri di sé e rispettosi degli altri, crescerli con le minacce è un controsenso: impareranno che la violenza (intesta in senso ampio) vince e a seconda del loro temperamento sceglieranno di usarla o di abbassare la testa e non dare problemi
- ogni volta che un bambino fa qualcosa per ottenere un premio o evitare una punizione, la motivazione è esterna anziché interna. Nel tempo, questo porta ad ascoltare più i bisogni e desideri degli altri che i propri, a mettere se stessi in secondo piano e ad agire in base a quello che si pensa di poter ottenere piuttosto che per gioia o soddisfazione personale

Che cosa fare allora?
Ogni situazione è diversa e ogni interazione si colloca nel contesto della relazione instaurata, ma ecco alcune buone pratiche:
- Ascoltare
- Accettare il dissenso/punto di vista diverso
- Offrire alternative o cercare insieme un compromesso
- Se la situazione è diversa da quella illustrata nella vignetta e abbiamo davvero bisogno che i bambini facciano quello che è stato loro chiesto, il genitore può (deve), dopo aver ascoltato, ribadire con gentilezza e fermezza ciò che occorre fare. Deve allo stesso tempo accettare il dissenso e interrompere l’eventuale comportamento scorretto in modo da sostenere più possibile il bambino e accompagnarlo verso “la cosa giusta”. L’efficacia genitoriale in questi momenti dipende in larga misura da come è impostata la relazione.

Nelle conversazioni con i bambini spesso ci affrettiamo a giungere a conclusioni o esporre il nostro punto di vista, ma a volte questo ci impedisce di ascoltare davvero quello che ci stanno dicendo. Ci impedisce di comprendere la logica che sostiene i loro ragionamenti e, in ultimo di approfondire la loro conoscenza. Cerchiamo di relazionarci ai nostri figli con più curiosità meno giudizio.