Quando tuo figlio ti “interrompe”, cosa cerca?

“Perché mi interrompe sempre appena inizio a fare altro?”
“Perché non riesco a parlare due minuti al telefono senza che si metta a urlare?”
“Perché ha bisogno di me appena mi allontano un secondo, se prima era tutto tranquillo?”

Attenzione o connessione?

Quando i bambini (specialmente quelli in età prescolare) ci vedono “altrove”, spesso reagiscono con impazienza. Basta prendere in mano un libro, rispondere a un messaggio o parlare al telefono perché improvvisamente abbiano bisogno di noi. Adrienne Rich, nel suo saggio Nato di donna, descrive bene questo meccanismo:

«Ricordo uno schema classico, che risale a diversi anni fa. Il meccanismo scattava quando prendevo in mano un libro o cominciavo a scrivere una lettera, o persino quando parlavo al telefono con qualcuno e il mio tono indicava interesse o simpatia. Il bambino (o i bambini) era magari occupato in cose sue, o perso nelle sue fantasticherie, ma nel momento in cui mi sentiva sfuggire in un mondo dove lui non era incluso, veniva a prendermi per mano, a chiedermi aiuto, a toccare i tasti della macchina da scrivere. E in quei momenti le sue necessità mi apparivano quasi fraudolente, un ulteriore tentativo di privarmi anche di quel quarto d’ora tutto mio».

Chiunque viva con un bambino conosce bene quella sensazione: il momento in cui finalmente abbiamo trovato un piccolo spazio per noi e, con insopportabile tempismo, arriva una richiesta, una domanda, un “mammaaaaa” o “papààààààààà!”. Spesso interpretiamo questo comportamento come un bisogno (o una pretesa!) di attenzione. In realtà i bambini stanno cercando connessione.

La differenza è sottile, ma fondamentale.
L’attenzione è qualcosa di più concreto, che si trova, diciamo così, sulla superficie: è il gesto di vedere, ascoltare e reagire. Si esprime nella risposta dell’adulto coerente con l’aspettativa del bambino in base a una sua azione.
La connessione, invece, è qualcosa di più profondo e risponde alla necessità della bambina di sapere che il genitore sta condividendo quell’esperienza con lei, non solo che è presente. La connessione fornisce la certezza emotiva di essere visti, capiti e accolti.

Quando ci immergiamo in un pensiero, in una lettura o in una conversazione, quel filo invisibile che ci tiene legati si tende. Quando ci percepiscono “altrove”, bambine e bambini temono di perderci. Così, quando ci sentono sfuggire in un mondo che non li include, non possedendo ancora gli strumenti per tollerare la momentanea distanza emotiva, i bambini e le bambine cercano di ristabilire la connessione. Spesso purtroppo ottengono il risultato opposto perché la loro insistenza provoca negli adulti una sensazione di fastidio che ci porta ad allontanarli, rendendoli ancora più ansiosi. È utile ricordare che non lo fanno apposta: non stanno cercando di controllarci, ma di ritrovarci.

Coltivare la capacità di separarsi

Questo non significa che dobbiamo rinunciare a ogni spazio personale e vivere in connessione costante con loro. Anzi: è importante che i bambini vedano che anche gli adulti hanno un mondo interiore, passioni, momenti di pausa. Ma possiamo imparare a rendere visibile e prevedibile la nostra assenza.

Possiamo dire: «Ora ho bisogno di dieci minuti per me, leggo questo libro e non posso rispondere. Metto una sbeglia, quando suona possiamo giocare con le macchinine.» Oppure «Devo fare una telefonata, ti presto il mio elastico mentre sono al telefono. Quando finisco dico la parola magica “qua qua” e poi farmi vedere tutti i disegni che vuoi».

E poi, dopo la separazione, seppur breve, tornare davvero: lavorando bene sulla riconnessione e ringraziandoli per l’attesa. Se serve, possiamo preparare prima un’attività che il bambino o la bambina possa fare in autonomia. Spesso basta predisporre dei materiali per il gioco libero e l’esplorazione.

In questo modo i bambini scoprono che possiamo allontanarci senza scomparire, e imparano pian piano a fare lo stesso: a stare con se stessi, sapendo che il legame rimane.

Come spesso succede tra genitori e figli, in fondo abbiamo tutti ragione, abbiamo tutti buone intenzioni, si tratta di capire come far convivere i reciproci bisogni.

Scopri di più sui percorsi di crescita genitoriale
Avanti
Avanti

Voglia di alleggerire la quotidianità