Storie di procreazione
In questi anni ho cercato di raccontare quanto più possible il mio percorso di procreazione medicalmente assistita (PMA) perché quando io ho ricevuto la mia diagnosi di infertilità non sapevo assolutamente nulla su statistiche, procedure e probabilità. Mi sono sentita molto sola e molto sbagliata. Alla fine ho avuto fortuna. Il secondo tentativo di FIVET (fertilizzazione in vitro con embryo transfer) è andato a buon fine e dopo il trasfer sono rimasta incinta. Ho consiviso il mio percorso fin dal primo giorno con chi mi conosceva, sia nella sfera personale che in quella lavorativa. Superato il quarto mese di gravidanza, quando ho iniziato a sentirmi più tranquilla, ne ho parlato anche pubblicamente. Ho scritto un articolo su Medium che poi è stato ripreso sul Corriere della Sera, lo puoi leggere qui. Era il 2017. Da allora, decine e decine di donne mi hanno scritto quando si sentivano spaventate, sole, senza speranza, arrabbiate o tristi nel loro percorso di PMA.
Con il tempo ho usato la mia esperienza personale per avviare conversazioni su questo argomento, ma poi ho cercato di lasciarla in secondo piano perché la mia è una storia a lieto fine e purtroppo non tutte lo sono. Quando parliamo di PMA, dobbiamo includere anche tutte le donne che a un certo punto, distrutte dal dolore, stanche di essere deluse, stufe di sentirsi invase, lacerate dal confronto o incerte su quanto a lungo continuare a sfidare “la sorte”, decidono di smetterla con le punture, le visite, gli ormoni e le illusioni. Qualcuna lo fa dopo aver raggiunto l’accettazione, qualcuna no. Tutte portano con sé un grande dolore che nessuno sembra comprendere o prendere abbastanza sulserio.
“lo ho sofferto molto perché alcune amiche che non riuscivano ad avere figli e che hanno intrapreso un percorso di pma si sono allontanate quando io ho avuto le mie figlie,” mi ha scritto M. Capisco il suo dispiacere e il suo sincero desiderio di coltivare l’amicizia anche accogliendo la tristezza e l’ingiustizia, ma dal dolore ognuna si protegge come può.
“Non sempre la pma è la risposta, a volte anzi la pma sgretola e ci sia deve volere bene a prescindere,” mi ha scritto F., sempre pensando alle sue amiche. Volersi bene in certe fasi della vita è una faccenda veramente complicata.
“L'ultima cosa che si vuole al proprio corpo credo proprio sia "bene" in quelle attese. Senti che ti tradisce in ogni caso, sia se un figlio te lo toglie poco dopo le agognate beta positive, sia se un figlio te lo regala, perché ti chiedi perché quei figli mancati di prima invece il tuo corpo non li ha lasciati restare ed essere, e per quanto ami il figlio che hai davanti e che puoi abbracciare e stringere, quando lo guardi non puoi non vedere anche tutta la strada che ti ha portato a lui.” A.
Ti dicono, “non pensarci”, “rilassati”, “succederà quando smetti di preoccuparti”. Ognuna di queste frasi, oltre ad essere una menzogna in termini scientifici, è una coltellata.
"- È che tu ci pensi troppo - mi è stato detto dal medico che doveva farmi le impegnative. E aggiunse che le energie che mettevo per fare le richieste dovevo metterle per ‘fare altro’.” L.
Una donna che vuole diventare mamma e viene “tradita” dal suo corpo è bravissima a trovare modi per colpevolizzarsi e caricarsi di questa responsabilità insostenibile. Forse se avessi mangiato meglio, se avessi fatto meno sport, se quella volta non avessi abortito…. Lo assicuro, l’ultima cosa di cui ha bisogno è che qualcuno si permetta di insinuare che in parte quella situazione dipende da lei. Non dovrebbe farlo nessuno, tantomeno il personale medico. L’unica cosa che dobbiamo sapere è che a volte l’infertilità è la conseguenza dell’aver contratto una malattia sessualmente trasmissibile, e fare formazione alle ragazze e ai ragazzi su questo tema è una responsabilità sociale.
“Quando provavamo ad avere il nostro primo figlio (poi nato con fivet) ‘Non pensarci’ era una frase che mi triggerava di brutto, come se fosse una cura...ah ecco, la cura all'infertilità è non pensarci!” L.
“Oppure ti dicono ‘Devi stare serena esser più tranquilla…’ sì certo con le punture di ormoni che ti auto spari e che ti sballano! Trovo assurda la pressione psicologica di queste parole. Semmai sarebbe utile consigliare un costante supporto psicologico.” F.
A. mi ha scritto: “Io ho quasi 34 anni e 5 transfer alle spalle di cui 2 biochimiche....ho iniziato a 31 anni in pma...e di amiche incinta al primo colpo ne ho viste tante. È dura. Un giorno spero di essere madre anch io.” Credo che davanti a storie così, dovremmo solo offrire comprensione e affetto. Niente consigli non richiesti, generiche frasi di incoraggiamento o esempi di persone che ce l’hanno fatta.
Concepire, per tante tante donne è un processo molto più complesso e tortuoso di come ce lo hanno raccontato. Forse questa parte della storia dovrebbe avere più spazio da subito quando si parla di educazione sessuale e affettiva. Forse si potrebbe ridurre un po’ lo schock, diminuire il senso di solitudine, e arrivare prima a considerare le proprie opzioni.
Di seguito invece trovi alcuni frammenti dei percorsi di altre donne. Grazie a tutte le persone che, via instagram o mail, scelgono ogni volta di regalarmi un pezzetto della propria bellezza.
Claudia: “4 fivet, l'ultima la quinta proprio 5 anni fa, in piena pandemia, mi ha portato il mio meraviglioso bambino.”
Sara: “5 anni di tentativi per L., un lutto e una speranza nuova di zecca tutti i mesi. E dopo di lui, la paura di essermi giocata tutta la fortuna, con la consapevolezza che difficilmente mio marito avrebbe riprovato la PMA. Ma poi la fortuna è arrivata altre due volte e ora ci sono L. (6 anni), M. (3 anni) e G. (6 mesi) a creare un perfetto caos.”
Emanuela: “Anche io mamma grazie alla PMA. E c'è di più, grazie all'ovodonazione. Avrei così tanto da dire, tanta voglia di confrontarmi con altre che hanno fatto la mia scelta. Siamo tante ma non se ne parla.”
Chiara: “È stato un lutto, un dolore tenendo, folle e disarmante. La mia relazione è finita, io mi sono ammalata gravemente. Ma adesso, a distanza di anni, sono felice! Ho acchiappato per un pelo me stessa dal precipizio e mi sono trasferita in Sud America. Sono mamma in tanti modi. In primis ho scoperto la meraviglia di essere madre di me stessa, qualcosa di incredibile, di immensa potenza, nessuno mi toglierà mai questa gioia, nemmeno la mia mente! E poi sono madre di chiunque abbia bisogno delle mie cure e del mio sostegno. Non ho avuto l'onore di portare una vita in grembo ma ho SCELTO di onorare la mia di vita ed essere felice.”
Eleonora: Per me, per la nostra storia, la sterilità è una scelta che abbiamo fatto dopo l'arrivo di due figli. Gravidanze difficilissime, parti prematuri, una figlia viva per miracolo. Eppure, quelle stesse gravidanze sono arrivate, quasi, senza cercarle. Troppo complicato assumersi il rischio di un altro figlio, di un'altra gravidanza che, come diceva la nostra ginecologa era "una partita a dadi con la sorte". Ho chiesto la sterilizzazione e, anche se giovane, ho trovato dei medici che hanno abbracciato la nostra richiesta. È un lutto che sto ancora elaborando, che mi imbarazza e che mi fa sentire ingrata nei confronti della vita e soprattutto nei confronti di queste coppie. La vita è proprio strana.”
Lucia: “Ne parlavo con mia sorella che la terza figlia non l'ha proprio cercata e si sentiva in colpa nei confronti di nostra cugina che con la sua compagna ha dovuto lottare con una famiglia di origine che non la appoggiava, ha speso tantissimi soldi, infinite energie sperando in più tentativi di fecondazione all'estero che non sono andati a buon fine. Un calvario. E così ingiusto.”
Anna: “Quando sono diventata mamma tramite adozione la frase migliore era "vedrai che adesso rimani incinta" come se fosse una cosa da augurare ad una famiglia che iniziato una nuova storia. Lo augurerebbero mai ad una coppia che ha appena partorito? Non credo. Il che vuol dire che non riconoscono la mia maternità come una maternità completa. Quanta strada c'è da fare.”
Agnese: “lo ho avuto la mia prima figlia cercandola a malapena, ho cercato il secondo con la stessa leggerezza e il percorso è stato molto diverso ed è approdato alla pma. Nel mentre una gravidanza extrauterina, una tuba persa e l'altra tolta poco dopo. Credo di non aver ancora perdonato il mio corpo di non avermi dato alcun segnale che qualcosa non andava, ho perso fiducia.”
Giulia: “Io ho avuto 5 aborti spontanei e la cosa che mi mandava in bastia era, forse non sei destinata a diventare madre, forse dovresti rassegne a non diventarlo.”
Annamaria: “Il mio secondo bambino è nato morto due anni e mezzo ta e ancora ci penso tutti i giorni, ma per gli altri è più facile dirmi di non pensarci (tanto ne ho già due e un altro in arrivo a fine maggio, che sarà mai se T. non c'è più). Sono arrivata alla conclusione che chi dice queste cose semplicemente non vuole affrontare argomenti scomodi, che sia l'infertilità o il lutto perinatale. Per loro è facile non pensarci e allora consigliano anche a noi di farlo. lo non smetterò mai di parlare di mio figlio e nessuna dovrebbe smettere di parlare di infertilità.”
R. “Anche io sono riuscita a diventare mamma grazie all'ovodonazione dopo 8 anni di tentativi e fallimenti. Un percorso difficile ma che rifarei da capo per avere A.”
Claudia: “5 anni di ricerca, 3 stimolazioni, 7 embrioni 'bellissimi' che non si sono impiantati, poi una collega mi dice, io sono l'ottavo embrione dei miei genitori, allora ho tentato un'ultima volta, il mio bambino ha appena compiuto 5 anni.”
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